9 Commenti
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Avatar di martino/pietropoli

Ho seguito la vicenda Ipnocrazia (e l’ho pure letto) ma c’era una cosa che non mi convinceva, o meglio, un pensiero che riaffiorava sempre: “Eppure è un libro che mi è piaciuto, importa esattamente come è stato scritto?”. Che poi si scopre che è comunque il frutto di un meditazione e raffinazione lunga mesi, quindi, conta alla fine che l’Ai sia un coautore (che poi mi par di capire sia stata più un interlocutore, con buona pace di maschili e femminili che non so più come usare parlando di Ai)?

Il che porta alla conclusione a cui sono giunto: un libro ha un valore di per sé e un valore che il lettore ne estrae (verbo molto usato ultimamente). Se per me come lettore ha valore, allora ne ho ricavato qualcosa di buono, e buona pace. So che è un discorso insidioso, perché giustificherebbe pure i libri pessimi, eppure proprio quelli confermano (purtroppo) questa tesi: anche il Mein Kampf ha il valore che il lettore ci trova, se ce lo trova. E non sto facendo nessun parallelo fra Ipnocrazia e il Mein Kampf, per chi fosse già col ditino alzato.

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Avatar di ChiaraB

Buongiorno, riguardo alla faccenda Ipnocrazia vorrei dire (ho acquistato e letto il libro) che ciò di cui ho sofferto non è il metodo di scrittura (il risultato può piacere o meno, e ognuno usa il metodo che vuole) ma il fatto che l'autore (quello con la componente umana, Andrea Colamedici di Tlon) abbia volontariamente pubblicizzato il testo come fosse di un noto e importante autore straniero di cui lui aveva ammirazione e stima. Ora, io intendo difendere il mio diritto di continuare a fidarmi dell' onestà di persone umane selezionate -con fatica- del cui intelletto ho stima. Se anche per loro devo controllare ogni citazione e ogni fonte, allora si và alla follia tutti quanti. Lo stesso vale per Barbero o per Puliafito (che per ora non conosco).

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Avatar di Alberto Puliafito

Mi sembra molto interessante il ragionamento, grazie. In effetti, ho fatto il percorso opposto: non ho letto (e non so se leggerò) il libro, e quindi qui mi sono concentrato solo sulla confezione comunicativa dell’operazione.

Ora, il gioco intellettuale non mi ha turbato: avendo visto negli anni ogni tipo di “fake”, pseudonimi, nomi collettivi, piratate varie, operazioni concettuali e giochi identitari — anche molto più estremi di questo, a dire il vero, e avendone anche goduto parecchio perché le cose metatestuali mi piacciono (o mi piacevano, non so) — non ho sentito quel senso di tradimento. E trovo che questa differenza tra i nostri due sguardi sia interessante.

Però rilancio: io faccio un abbondante uso di intelligenze artificiali nel mio lavoro. Ho progettato i miei assistenti di AI avendone le competenze e li uso in varie fasi di quel che faccio. La mia domanda è: questo rende in qualche modo quel che scrivo meno di valore o da verificare, visto che faccio da garante con la mia faccia e il mio nome?

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Avatar di ChiaraB
Apr 11Modificato

Interessante è vero. Non vedo perché ci si dovrebbe opporre all'utilizzo di ai per generare testi che un autore ritenga espressione di sé e della sua creatività. Come lettrice, potrò in ogni caso decidere per conto mio se la scrittura mi piace, come forma, come contenuti. Pseudonimi e nomi collettivi mi sembrano cose diverse da ciò che è stato fatto con Ipnocrazia. La cosa migliore che riesco a pensare di questa operazione è: siamo stati "sacrificati" noi un po' più vecchi (che abbiamo fatto in tempo a conoscere la ricerca bibliografica su carta,.diciamo), è stata sacrificata la fiducia che Tlon ci aveva fatto riporre in loro, in nome di un'operazione che risulterà pedagogica (guardate cosa si può fare, dunque state ben attenti!) per chi, magari ben più giovane, questo concetto di "fonte autorevole" l'ha meno radicato in sé. Ribadisco, la fiducia tradita per me non ha nulla a che vedere con l'uso di ai, ma con il modo in cui Colamedici ha utilizzato la sua autorevolezza. Un articolo di G.Pellegrino su Appunti di oggi spiega questo mio sentire in modo estremamente chiaro. Grazie dello spazio e dello scambio.

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Avatar di Alberto Puliafito

Interessante l'articolo di Pellegrino: fa il medesimo discorso sulla fiducia sistemica che io faccio con Bottura. Mi chiedo a questo punto quanto si tratti di sensibilità individuali e quanto di questioni generalizzabili. Dovremmo approfondire.

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Avatar di Antonella Marrone

Buongiorno Alberto sono d’accordo con te al 100%. Non sono certa che Bottura abbia dimestichezza con il sistema mediatico digitale e lo dimostra ampiamente ciò che ha fatto. È un giornalista d’altri tempi (anche se molto più giovane di me), fa anche buona satira ma la lettera di spiegazioni, per me, è peggio del buco. Comunque. Un libro è un libro un libro un libro, anche con le pagine tutte bianche, la forma è il contenuto e sentirsi fregati in questo contesto è una sciocchezza. Dai tempi di Howard Rheingold l’intelligenza connettiva fa parte delle relazioni tra gli individui, ma dopo 30 anni non è ancora realtà evidentemente. Ci sono boomer nati negli anni 70 e non lo sanno. Grazie per tutto il lavoro che fai, che fate.

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Avatar di Alberto Puliafito

Ma grazie a te!

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Avatar di Elisa Belotti

Molto acuta la riflessione sul caso Ipnocrazia!

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Avatar di Pietro Izzo

Sempre stimolante, grazie!!

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