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Avatar di martino/pietropoli

Ho seguito la vicenda Ipnocrazia (e l’ho pure letto) ma c’era una cosa che non mi convinceva, o meglio, un pensiero che riaffiorava sempre: “Eppure è un libro che mi è piaciuto, importa esattamente come è stato scritto?”. Che poi si scopre che è comunque il frutto di un meditazione e raffinazione lunga mesi, quindi, conta alla fine che l’Ai sia un coautore (che poi mi par di capire sia stata più un interlocutore, con buona pace di maschili e femminili che non so più come usare parlando di Ai)?

Il che porta alla conclusione a cui sono giunto: un libro ha un valore di per sé e un valore che il lettore ne estrae (verbo molto usato ultimamente). Se per me come lettore ha valore, allora ne ho ricavato qualcosa di buono, e buona pace. So che è un discorso insidioso, perché giustificherebbe pure i libri pessimi, eppure proprio quelli confermano (purtroppo) questa tesi: anche il Mein Kampf ha il valore che il lettore ci trova, se ce lo trova. E non sto facendo nessun parallelo fra Ipnocrazia e il Mein Kampf, per chi fosse già col ditino alzato.

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Avatar di ChiaraB

Buongiorno, riguardo alla faccenda Ipnocrazia vorrei dire (ho acquistato e letto il libro) che ciò di cui ho sofferto non è il metodo di scrittura (il risultato può piacere o meno, e ognuno usa il metodo che vuole) ma il fatto che l'autore (quello con la componente umana, Andrea Colamedici di Tlon) abbia volontariamente pubblicizzato il testo come fosse di un noto e importante autore straniero di cui lui aveva ammirazione e stima. Ora, io intendo difendere il mio diritto di continuare a fidarmi dell' onestà di persone umane selezionate -con fatica- del cui intelletto ho stima. Se anche per loro devo controllare ogni citazione e ogni fonte, allora si và alla follia tutti quanti. Lo stesso vale per Barbero o per Puliafito (che per ora non conosco).

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